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La mia vita con Dalì di Amanda Lear

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Messaggio  SireDiMezzanotte Gio Ott 08, 2009 10:07 pm

E' l'ultimo libro su Dalì che ho letto e l'ho trovato davvero interessante.

Fa luce sul rapporto tra Dalì e la Lear ma anche su quello tra il Maestro e la sua terribile moglie Gala.

Gli ultimi anni della sua vita sono stati davvero tristi, e dopo la morte di Gala leggere quelle pagine diviene insopportabilmente doloroso. Erano un'unica sublime creatura.
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Messaggio  potris Gio Ott 08, 2009 10:21 pm

Mi aspetta tranquillo tranquillo nella libreria...quando finisco un libro ho bisogno di un po' di tempo per "assimilarlo", e quindi dopo tutta l'estate a leggere di Dalì, adesso faccio una pausa leggendo per la prima volta Borges. Quello della Lear sarà il prossimo.
Gala mi ha sempre incuriosita, come penso un po' a tutti, è una figura così misteriosa che è inevitabile esserne attratti, credo. La prima volta che lessi del suo carattere fu nel libro Io non sono pazzo; quasi non ci volevo credere perché lei viene appunto sublimata dal Maestro, e quindi ne rimasi sorpresa. Hai ragione sul loro essere un'unica sublime creatura
:-)
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Messaggio  potris Dom Feb 28, 2010 4:04 pm

In settimana ho finito il libro della Lear. Anche a me sembra molto interessante, perché ci fa vedere Dalì più come persona che come personaggio. è anche molto scorrevole, si legge veramente in poco tempo, lo consiglio a chi non l'ha letto.
Mi ha incuriosita molto quel pezzo in cui parla di come venne al Maestro l'idea delle opere stereoscopiche. Lo riporto qui sotto:

Quella primavera feci una scoperta che avrebbe tenuto Dalì occupato per anni. Eravamo andati al Petit Palais a vedere la mostra di Gérard Dou. Era un fiammingo del XVII secolo, contemporaneo di Vermeer, che aveva dipinto interni e nature morte di cui ero una grande ammiratrice. Rimasi particolarmente colpita da una natura morta estremamente realistica, al centro della quale una brocca dorata rifletteva la luce sulla sua lustra superficie metallica. La indicai a Dalì osservando: “Sembra quasi in rilievo”.
Riconobbe che la tecnica era straordinaria. Quando lasciammo il Petit Palais pioveva a dirotto e, mentre aspettavamo un taxi, un’utilitaria s’arrestò e accostò alla nostra altezza. Erano Jacques Grange e François-Marie Banier, che si offrirono di darci un passaggio.
“Come avete trovato Dou?” domandò Banier. “Niente di speciale, eh?”. “Al contrario” ribatté Dalì ”c’era una bellissima brocca. Dovreste andarla a vedere di persona, vi guarirebbe certamente dal vostro protestantesimo alla Cardin”.
Non potei mai appurare se Cardin era protestante o no, ma Dalì lo aveva dedotto dal rigore e dal taglio geometrico dei suoi modelli, e sosteneva che non poteva essere altro che il più austero dei calvinisti.
Quando fummo di nuovo in Rue Castiglione, Dalì disse: “Dobbiamo dare un’altra occhiata a quella brocca. Andiamo a verificare se il quadro è riprodotto in qualche libro su Dou”.
Sull’angolo della rue du Mont-Thabor c’era una libreria dove Dalì comprava tutti i suoi libri antichi. Lì trovammo un libro su Gérard Dou, che sfogliai mentre Dalì faceva la siesta. Non c’era nessuna riproduzione della brocca, ma scoprii che un buon numero dei suoi quadri erano stati dipinti due volte. A Leningrado, per esempio, ce n’era uno che era la replica quasi perfetta di un quadro conservato in Olanda. Dalì confermò che era una pratica diffusa tra i pittori dell’epoca quella di rifare lo stesso quadro, copiando se stessi. “Ma allora perché” domandai “non riproducevano una copia esatta? In questo quadro la distanza tra la donna e la finestra è maggiore che nell’altro”. Dalì guardò e si mise a riflettere. Ad un tratto proruppe: “E se lo avessero fatto di proposito? Pensi, piccola Amanda, non potrebbe aver dipinto la stessa cosa due volte, in modo che le due tele, messe una accanto all’altra e guardate da una certa distanza, dessero l’impressione di un’immagine in rilievo? E se avesse scoperto la terza dimensione?”.
Era eccitatissimo: “A Cadaquès ho delle lenti fatte nel Novecento per vedere le cartoline in tre dimensioni. Ciascun occhio vede una foto leggermente diversa dall’altra e dalla sovrapposizione delle due immagini nel cervello deriva l’impressione di una dimensione in più. Il principio è semplice: l’occhio destro vede un’immagine e il sinistro un’altra, cosicché ne risulta un’immagine apparentemente tridimensionale. Forse Gérard Dou aveva scoperto questo fenomeno e cercava di metterlo in pratica dipingendo due tele quasi identiche. Naturalmente, nessuno lo ha mai notato finora perché le sue coppie di quadri non sono mai state esposte insieme”.
La mattina dopo, avendo attentamente studiato le riproduzioni del libro, Dalì mi comunicò le sue conclusioni : “E se Vermeer fosse stato al corrente del lavoro di Dou? Morirono entrambi nel 1675, è quindi possibile che si frequentassero. Si rende conto che si possono creare colori che non esistono, colori che il cervello immagina soltanto di vedere? Dipingendo il cielo in una tonalità azzurro-grigia a destra e lo stesso cielo con sfumature rosa pallido e albicocca a sinistra, i due cieli si sovrappongono nel cervello e si riesce a vedere una straordinaria combinazione di color ametista e verde acqua, benché non esista”.
“Ma com’è possibile vedere ciascun dipinto con un occhio solo?” domandai.
“Dovrò inventare un sistema” rispose Dalì con enfasi.

Da La mia vita con Dalì . Quindici anni vissuti insieme al genio del surrealismo – Amanda Lear

ho cercato di rintracciare la Lear (sul sito ufficiale c'è un indirizzo mail ma il messaggio mi è tornato indietro; ho mandato la stessa mail alla casa editrice del libro chiedendo s epossono fargliela pervenire ma nessuna risposta ad oggi); le volevo chiedere di quale quadro parla, se si ricorda. Io non mi intendo di arte e sinceramente non avevo mai sentito nominare questo Gérard Dou. Voi sapete qualcosa? Cercando in rete ho trovato questa, ma nn so se si possa definire una natura morta...

http://www.insecula.com/oeuvre/photo_ME0000058895.html


e mi ha commossa leggere le ultime pagine, soprattutto il loro ultimo incontro:

Erano tre anni che mancavo da Barcellona, ma era esattamente come me la ricordavo. Il portiere del Ritz mi chiese notizie del señor Dalì. Telefonai a suo cugino Gonzalo Serraclara che mi disse che Dalì lo aveva buttato fuori. Si era persifno rifiutato di vedere la sua vecchia amica Louis XIV. Nessuno poteva fare niente per lui, e lui respingeva chiunque. Malgrado tutto, il pomeriggio stesso chiamai una macchina e partii per Pubol dove arrivai verso le cinque. Il paesino non era cambiato e nell’aria c’era ancora odore di sterco di mucca. Anche il castello sembrava come prima, ad eccezione del cancello che ero abituata a vedere spalancato e che adesso era chiuso. Chiamai Arturo che fu felicissimo di rivedermi e mi accolse con un bacio. Era un po’ invecchiato, ma sempre abbronzato dal sole. Chiesi notizie della cuoca Paquita. Scosse la testa mestamente: “Ah, señorita, tutto è così cambiato, non è come prima. Qué disgrazia! Non so se vorrà vedervi. Non è più quello di una volta. È come un animale!”.
Salimmo insieme la scalinata e dall’alto ebbi una rapida visione dei mostruosi elefanti di gesso con le zampe di cicogna che Dalì aveva fatto per Gala e della piscina attorniata da busti in ceramica di Wagner.
Arturo mi disse di attendere nel bianco salone. Alzai gli occhi. Dall’affresco dipinto su tela e attaccato al soffitto, Gala mi guardava in mezzo ad un volo di rondini. Un’infermiera mi passò accanto scrutandomi incuriosita. Arturo tornò: ”Si è appena svegliato. Gli ho detto che lei era qui, ma non voleva credermi. È sdraiato sul pavimento e non vuole alzarsi. Non so cosa fare”. Gli dissi di insistere, di dire a Dalì che mi sarei fermata solo un secondo, il tempo di dargli un bacio. Sapevo che si vergognava di farsi vedere vecchio e malato. Promisi che non lo avrei guardato. Dopo un certo tempo, Arturo ricomparve con un sorriso. Dalì era felice di ricevermi per un momento, ma nella più completa oscurità. Non dovevo vederlo e non dovevo parlare di lui con i giornalisti.
Entrai nella stanza che Gala aveva decorato. Le finestre erano chiuse e riuscivo appena a distinguere il piano e il sofà rosso coperto di cuscini accanto al tavolo rotondo con le zampe di struzzo e la superficie di vetro attraverso la quale si potevano vedere le scuderie del piano sottostante.
Dalì era seduto in poltrona e riuscivo appena a scorgere la sua sagoma. Uscendo, Arturo richiuse la porta dietro di sé. Solo il raggio di luce che penetrava da sotto la porta mi permise di distinguere la vestaglia che indossava. Mi accomodai su di un sofà sistemato di fronte a una parete coperta da un pannello. Questo pannello nascondeva il radiatore che Gala aveva fatto installare e rappresentava il radiatore stesso. Era stato meticolosamente copiato da Bea e Dalì gli aveva dato gli ultimi ritocchi. Si fu un lungo silenzio prima che mi decidessi a parlare, sforzandomi di farlo in tono sommesso per non spaventarlo: “Ciao, petit Dalì. Sono venuta tornando da Barcellona e ho fatto un salto per vederla e dirle che non l’ho dimenticato. Devo andare a Perpignan. Si ricorda che mi fermo a Perpignan tutti gli anni?”. Mi sembrava che scuotesse la testa. Era così minuscolo, così scarno. Non me lo ricordavo così piccolo. La sua voce flebile e roca mi colse di sorpresa:” I capelli, si è di nuovo tagliata i capelli…”. “Mi piacevano di più lunghi… Mi vede?”.
Sembrava preoccupato.
“No, stia tranquillo. Non vedo niente, è troppo buio qua dentro. Perché non va fuori, Dalì? C’è un sole bellissimo…”.
Canticchiai a mezza voce la canzoncina che mi aveva insegnato in catalano: “Sol soulet vine ma veure, vine ma veure …”.
“No, no” mi interruppe “niente sole, niente canzoni. Voglio solo essere lasciato in pace. Dica che mi lascino stare”.
Poi aggiunse con impeto: ”Tutti mi infastidiscono. Tutti. Mi hanno sempre infastidito. Non voglio più nessuno, basta . canta sempre?”.
“Sì, certo, devo guadagnarmi da vivere. Ma dipingo anche molto, dipingo sempre. Tutto quello che mi ha insegnato…”.
Fui grata a quella oscurità che gli impediva di accorgersi delle mia lacrime.
“Che peccato. Sarebbe stato meglio che lei non avesse mai cantato, mai dipinto. Volevo che diventasse una principessa, non un’artista. Soffrirà molto…”
Stavamo seduti in silenzio, uno di fronte all’altro, protetti dall’oscurità. Ascoltavo il suo respiro e lo sentivo muoversi sulla poltrona. Alzandomi per andare non potei trattenermi dal dirgli: “Dalì, le ho voluto bene, tanto. Se solo sapesse …”.
Con un sussurro rispose: “Yo tambien”:
poi mi afferrò la mano, stringendola con tanta forza da farmi quasi male. Sentii qualcosa di duro nel palmo della sua mano che cercava di far scivolare nella mia. Richiusi le dita intorno all’oggetto e Dalì si accomiatò: “Ora deve andare. Devo essere lasciato solo. La mia ora è vicina. Dio la benedica. Addio”.
Aprii la porta senza voltarmi. Non volevo vedere il vecchio corpo scheletrico, ripiegato su se stesso nell’oscurità, in attesa di una morte che non veniva a mettere fine ai suoi tormenti. Uscii dalla casa e mi misi a correre, mentre le lacrime mi rigavano il viso.

Solo quando fui all’aperto, nella luce accecante del sole di luglio, schiusi la mano per vedere cosa mi aveva dato Dalì. Il suo ultimo regalo era il pezzo di legno di Gala, il piccolo talismano dal quale per anni e anni non si erano mai separati. Ora che la fortuna sembrava averli abbandonati, mi aveva dato ciò che aveva di più prezioso al mondo.

Da La mia vita con Dalì - Amanda Lear
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Messaggio  Dalinha Mar Set 21, 2010 1:04 pm

Ad essere sincera ogni volta che vado in libreria la tentazione di comprarlo è forte ma mi frena un eventuale delusione. La Lear mi puzza di mercenario; non vorrei che per rendere più commerciale il libro avesse inventato le più belle storie del mondo su Dalì.
E poi non posso sopportare che Dalì abbia avuto un'altra donna e un'altra musa all'infuori di Gala.

Se mi assicurate che non c'è nulla di compromettente sul binomio Gala-Dalì,allora lo leggerò. Smile
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Messaggio  potris Mar Set 21, 2010 1:11 pm

anch'io ero molto restia. lo comprai online trovando uno sconto. invece mi è piaciuto molto. Non credo che sia un libro per il quale sia possibile una commercializzazione notevole, cioè penso che lo leggano solamente chi ama Dalì o chi ama la Lear, e non semplici fans della Lear stessa. quindi puntare sulla commercializzazione inserendo raccontini fasulli mi sembrerebbe strano. in effetti lei non dice mai di essere stata l'amante, semmai lo lascia intendere, ma nel senso che si diverte a creare l'alone di mistero, come del resto Dalì stesso le suggerì di fare riguardo le voci che ai tempi giravano sulla sua sessualità. alla fine non ha importanza se inventa o no, l'importante...è che se ne parli!
in realtà, molti sì dicono che lei sia stata la musa, ma lo dice chi non conosce Dalì, e semmai è vero il contrario, è Dalì che è "servito" alla Lear, come mi ha detto anche uno stesso fan sfegatato della Lear, consapevole quindi anche lui che magari girano voci fasulle o comunque esagerate. L'ignoranza è data dalla superficialità, e viceversa.
è un libro molto interessante, che racconta anche aneddoti che io non avevo letto altrove, non vuole essere una biografia del maestro, ma un racconto della vita di lei in quegli anni. è molto marcata la figura di Dalì proprio come maestro, sia di vita sia di pittura.
io lo consiglio vivamente!
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Messaggio  LucaMenes Sab Giu 02, 2012 9:51 pm

Ho riletto il libro "La mia vita con Dalí", credo sia la terza volta nella mia vita ed ogni volta riesce a sorprendermi.
Man mano che conosco Dalí come Artista leggendo varie biografie, cataloghi, diventa ancor più bello rileggere gli scritti di Amanda Lear, l'unica che parla del Dalí uomo con aneddoti di prima mano, reali e (speriamo) senza "falsi ricordi". Reputo la Lear una donna schietta e sincera, quindi credo a tutto quello che c'è scritto nel libro.
L'unico peccato è che non sempre si riesce a seguire l'anno esatto durante il racconto: parla di estati, inverni, autunni... senza specificare l'anno, quindi bisogna stare molto attenti se si vuole la "precisione"!

Riporto un paio di citazioni per i forumisti:

"Si è mai vista una grande pittrice? Grande come Velàsquez o Michelangelo? Solo uomini. Il talento, il genio creativo, è nei testicoli. Senza, non si può creare niente. Per le donne, la creazione e procreazione; possono mettere al mondo dei figli, ma non potranno mai affrescare la Cappella Sistina".

"Guardi la mia vecchia scuola, oggi è diventata una banca. Cosa avrebbe potuto essere più naturale?"
LucaMenes
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